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29/02/2020 Giornata Mondiale Delle Malattie Rare

29/02/2020

Ciao amici!

Il 29 Febbraio è la GIORNATA MONDIALE DELLE MALATTIE RARE e voglio cogliere l’occasione per raccontarvi della mia malattia: l’artrogriposi congenita multipla.

Sono certa che pochi di voi l’hanno sentita nominare e quasi nessuno sa che cosa sia e cosa comporti: ve lo spiego subito.

Viene definita artrogriposi (o Artrogriposi Multipla Congenita, AMC) una condizione clinica caratterizzata da rigidità articolare (dal greco arthron, articolazione, e grypos, rigido) presente già alla nascita (quindi definita “congenita”) e relativa a diversi distretti anatomici (per cui… “multipla”).

A me personalmente ha colpito tutti e 4 gli arti ma non è per tutti la stessa cosa: i casi di artrogriposi sono relativamente rari e si riscontrano in circa 1 su 3000 nati vivi. L’amioplasia, caratterizzata da tessuto grasso e fibroso al posto dei muscoli delle braccia, è la forma più frequente, infatti si riscontra nel 43% dei casi.

Quali sono le cause?

Le cause che possono portare a una condizione di artrogriposi devono essere indagate nei singoli pazienti affetti e possono essere di natura neurologica o miopatica, o dovute a problematiche intrauterine. È stato riscontrata, infatti, una caratteristica comune, ovvero l’assenza di movimenti fetali, che a sua volta provoca la proliferazione di fibre di collagene e la sostituzione dei muscoli con tessuto fibroso.

Alcune forme di artrogriposi rappresentano quadri patologici specifici: tra queste, l’amioplasia (la forma più comune di artrogriposi, caratterizzata da interessamento degli arti piuttosto simmetrico e tipico, intelligenza normale e, frequentemente, un angioma sul viso) e un gruppo di patologie raggruppate sotto il nome di “artrogriposi distale” (caratterizzate da trasmissione autosomica dominante e maggior interessamento delle mani e dei piedi); appartengono a quest’ultimo gruppo la Sindrome di Freeman-Sheldon o Sindrome del fischiatore e la Sindrome di Beals o artrogriposi distale tipo 9.

Trattamento

Il trattamento dei bambini affetti da artrogriposi deve essere portato avanti da un team multidisciplinare di esperti e deve prendere in considerazione differenti aspetti (capacità di deambulazione, capacità comunicative, attività della vita quotidiana, indipendenza, ecc.).

Per quanto riguarda gli aspetti motori, esistono differenti strumenti di trattamento: la fisioterapia (stretching, mobilizzazione articolare, ecc), che deve essere avviata subito dopo la nascita; i tutori ortopedici; le calzature ortopediche; gli interventi chirurgici correttivi.

Questa mia malattia non mi ha tolto il sorriso, né la voglia di vivere, né il desiderio di gridare al mondo che la vita è bella, nonostante il costante bisogno dell’aiuto degli altri e nonostante la mancanza di indipendenza e autonomia.

In occasione di questa giornata speciale ho voluto intervistare una amica che ho conosciuto su Instagram: lei si chiama Mariangela, è una bellissima ragazza, mamma amorevole di una bimba speciale di nome Sharon.

Vi lascio all’intervista e vi consiglio di seguire Mariangela su Instagram!

Non ve ne pentirete!!!

Come si chiama la tua malattia e cosa comporta?
Ho una distrofia muscolare dei cingoli che in parole semplici comporta debolezza e atrofia di alcuni muscoli.

Cosa significa essere mamma in carrozzina per te?
Mi sento semplicemente una mamma, seduta o no, perché cerco di fare tutto ciò che fa una mamma in piedi, solo con più difficoltà.

Cosa consigli ad una donna della tua età disabile che vuole avere un figlio ma ha paura di non essere all’altezza?
Consiglio di ascoltare solo il proprio cuore, perché nessuna mamma è perfetta, per i propri figli sarà sempre all’altezza e la mamma migliore del mondo.

Come ti immagini tra 10 anni?
Di solito non mi piace proiettarmi nel futuro, non perché mi spaventa ma perché preferisco vivere giorno per giorno e godermi il presente.

Vorresti dare un fratellino o sorellina a Sharon?
Istintivamente rispondo che per ora non è in programma perché vorrei dare a Sharon tutte le mie attenzioni.
Per il futuro non faccio previsioni.

Sei felice?
Si, sono felice.

Che scuole hai fatto?
Ho un diploma di tecnico dei servizi turistici. Avevo iniziato l’università con l’indirizzo “beni culturali” ma che per varie cose ho lasciato.

Raccontami un evento che ti ha fatto emozionare?
Senza dubbio la nascita di mia figlia è stato l’evento più magico e stravolgente della mia vita.
Insieme a Sharon sono nata una seconda volta e quando la mente mi riporta a quel giorno il mio cuore batte forte proprio come batteva la notte nella quale l’ho vista per la prima volta.

Ti reputi un influencer?
Ho deciso di raccontare la mia storia, di condividere pezzi di vita quotidiana con le persone, perché in passato mi sono fatta forza a leggere di donne in carrozzina o comunque con disabilità che si sono realizzate nella vita e sono diventate mamme nonostante tutte le difficoltà, e oggi capita che leggono di me, guardano le mie foto, e mi scrivono che trovano coraggio grazie alla mia testimonianza.
Se è questo che intendi con la parola “influencer” ti rispondo di sì, perché sono felice dei messaggi che ricevo ogni giorno e mi spronano a continuare così. 

Mariangela racconta la propria quotidianità attraverso Instagram e lancia un messaggio positivo: “Lottate sempre e comunque per realizzare i vostri desideri”.

Il suo desiderio ora, grazie all’amore infinito e incondizionato di suo marito, si è avverato e porta il nome di Sharon.

Analisi Dì Coscienza

06/12/2019

Ciao a tutti!

Avrete notato che da un po’ non scrivo, ma questo, per me, è un periodo davvero molto triste: ultimamente, infatti, non riesco a trovare dentro di me serenità e ispirazione.

Questi sono giorni davvero difficili, aggravati da una brutta situazione che sto vivendo e alla quale, in queste poche righe, non voglio pensare: quando sarò più tranquilla mi farà piacere condividere con tutti voi che mi seguite la situazione… ma ora non è il momento.

Siete mai stati colpiti dal cosiddetto “blocco dello scrittore”? Io non sono una scrittrice professionista, è vero, infatti scrivo solo per passione: eppure, ora come ora, mi sento bloccata e incapace di tradurre in parole i miei pensieri.

Vorrei iniziare questo dicembre all’insegna della cura di me e dell’attenzione verso tutto ciò che mi rende felice, ma non è facile, specialmente quando si ha avuto a che fare con una bruciante delusione: forse quello che desidero non esiste o non è realizzabile, o forse mi sono solo illusa, ma, per un attimo, ho immaginato e sperato che la mia vita potesse essere diversa.

Ho sognato di essere indipendente e di poter cercare un chicco di felicità, quella che tutti meritano dalla vita, prima o poi: non è facile guardarsi intorno e non trovare nessuno accanto o, almeno, nessuno davvero disposto ad ascoltarti e offrirti, quando serve, una spalla su cui piangere. Odio me stessa per non essere stata in grado di crearmi una “rete” che mi supportasse nei periodi bui come questo, odio l’inverno, il cielo grigio, il freddo e la pioggia e odio non poter essere quella che vorrei, non essere libera di esprimere quello che ho dentro, non poter cercare la mia realizzazione personale.

Cerco una persona che mi stia accanto nella mia poca indipendenza fisica, che mi aiuti a prendermi cura di me, a sentirmi più donna, vestita e truccata come desidero, che mi aiuti a tagliare il cordone ombelicale con quella famiglia che spesso non comprende i miei bisogni e la voglia di essere libera.

Vorrei che il 2020 iniziasse subito con questo desiderio: essere felice, realizzare i miei desideri e non quelli di altri, non sentirmi repressa, sconfiggere questa tristezza che mi avvolge e per la quale forse ho bisogno di un supporto psicologico.

Probabilmente l’aiuto che mi occorre non può essere quello della famiglia ma, piuttosto, di una figura professionale capace di supportarmi completamente, a livello fisico, psicologico e umano. Esiste una figura professionale simile?

Grazie per avermi seguita… ci leggiamo presto!!!

Giornata Mondiale Della Disabilità

03/12/2019

Oggi,  3 dicembre è la 26° GIORNATA MONDIALE DELLA DISABILITÀ.
In Italia sono circa 4,5 milioni, oltre 189 mila sono persone sordocieche.

La giornata è stata proclamata dal ONU nel 1992 e da allora si celebra il 3 Dicembre. Nel 2006 è stata adottata la convenzione sui diritti delle persone con disabilità che ha ulteriormente promosso i loro diritti ed il loro benessere, ribadendo proprio il concetto di uguaglianza e la necessità di garantire loro la piena ed effettiva partecipazione alla sfera politica, sociale, economica e culturale.

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Verso l’indipendenza

04/11/2019

Ciao a tutti, oggi vorrei parlarvi di una cosa che non c’entra nulla né con vestiti né con cani: l’indipendenza. Non indipendenza economica ma proprio della mia indipendenza che purtroppo, non ho.

Da un annetto a questa parte sento sempre più il bisogno di creare la mia indipendenza come un’uscita a settimana o passare dei momenti sola in casa. Non vi nego che la mia voglia di indipendenza diventa anche tristezza quando non posso fare determinate cose: truccarmi da sola, scattarmi una foto senza essere seduta sulla carrozzina o semplicemente fare ciò che mi passa per la testa. Alle volte mi pesa dipendere da qualcuno anche per bere o per uscire perché anche lì ho bisogno di qualcuno che mi mette sulla carrozzina elettrica.

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Dialogo Nel Buio

01/11/2019

Ciao ragazze, come va? Scusate l’assenza ma sto avendo un po’ di cambiamenti sia a livello lavorativo che a livello dell’aspetto del mio blog. Finalmente sono riuscita a trovare una soluzione per i miei progetti in modo da dedicarmi alla scrittura.

Oggi vorrei parlarvi di un’esperienza che ho fatto con la mia amica Francy, in realtà io l’avevo già fatta ma era un regalo per lei. Quello di cui sto parlando è di un dialogo nel buio. Sapete cos’è e dove si trova?

Dialogo nel buio si trova in via Vivaio 7, 20122 Milano (MI) presso l’istituto dei ciechi.

Si tratta di un luogo in cui adolescenti, famiglie ed organizzazioni aziendali vivono un’esperienza che li cambierà per sempre.

Visitare Dialogo nel buio o partecipare ai suoi workshop non significa giocare a fare il cieco. Chi vive per qualche ora nel buio, potrà vedere di più dentro di sé e dentro gli altri.

Dialogo nel Buio è una mostra/percorso organizzata a Dicembre 2005 dall’Istituto dei Ciechi di Milano. Ma vediamo dove nasce:

Questa mostra nasce dall’idea di Andreas Heinecke, un giornalista tedesco a cui, nel 1986, fu richiesto di sviluppare un programma formativo per un collega che aveva perso la vista. Al primo incontro, Andreas si sentì turbato ma rimase affascinato dal mondo dei non vedenti. Così nel 1986 ideò “Dialogue in the Dark”, in cui parla del suo giro del mondo, nel 1988, tra i più famosi musei ed è diventato addirittura un marchio registrato.

Nel 2003 Dialogo nel buio viene allestito a Palazzo Reale a Milano, dove riscuote un grandissimo successo, grazie ad un afflusso di 34 mila visitatori in soli 4 mesi.

Nel 2005 l’Istituto dei Ciechi di Milano ha aperto Dialogo nel buio all’interno del proprio complesso destinando 700 metri quadri all’allestimento della mostra.

Dopo 23 anni di vita, Dialogo nel buio è presente in tutto il mondo con una ventina di location ed ha dato vita ad un network standard che ne fa un sistema collaudato.

Questo percorso è totalmente privo di luce, in modo che i visitatori per esplorare gli ambienti, devono affidarsi esclusivamente ai sensi del tatto, dell’udito, dell’olfatto e del gusto. Un’esperienza che c’insegna un altro modo di “vedere”.

Prima di entrare nel percorso, ti fanno entrare in una stanza semibuia dove una guida vedente spiega cos’è dialogo nel buio ma soprattutto come orientarsi con i bastoni bianchi per non vedenti.

Poi si entra con la guida non vedente ed il percorso dura oltre un’ora nella totale oscurità; che trasforma una semplice passeggiata in giardino, un andare al mercato o il sorseggiare una tazza di caffè, in un’esperienza straordinaria.

Chi ha avuto modo di intraprendere questo percorso racconta di aver vissuto qualcosa di unico, che ha cambiato il proprio modo di pensare.

Il percorso viene fatto in gruppi di massimo 8 persone ed i visitatori compiono un percorso nel buio della durata di 1 e 15 minuti.

Si passa per alcuni luoghi che richiamano situazioni di vita quotidiana, tutte diverse, da scoprire attraverso i sensi ed il dialogo con la guida non vedente, svelando «un altro modo di vedere». Dopo aver attraversato i diversi ambienti, l’ultima tappa è un bar dove (sempre nell’oscurità più totale) si commenta l’esperienza vissuta.

Attenzione

Non è una simulazione di come vivono le persone affette da cecità o ipovedenti ma si vuole fare provare alle persone come vengono vissuti i piccoli attimi di vita quotidiana.

Un buio così profondo disorienta, sconcerta a chi è abituato da sempre a fare affidamento sulla vista. Ma è anche l’occasione per scoprire nuove dimensioni, in modo sorprendentemente semplice. Non si tratta di scoprire una realtà differente, è piuttosto una riscoperta, con modalità diverse, dello stesso mondo che già conosciamo. Nel buio anche il caffè ha un altro sapore ed una rosa un altro profumo.

Dialogo nel Buio c’invita a sperimentare come la percezione della realtà e la comunicazione possono essere molto più profonde ed intense in assenza della luce.

Cosa insegna questa esperienza?

Incredibilmente, il buio si svela in un luogo in cui ci si sente liberi dalla emozioni negative e più propensi al dialogo verbale: il buio, nell’immaginario collettivo, non è più considerato come ciò che imprigiona, come ciò che nasconde e circoscrive, ma si rivela, sorprendentemente, una dimensione di assoluta libertà.

Personalmente questa esperienza (pur avendola fatta due volte) mi ha entusiasmato tanto.

Ad un certo punto mi sono ritrovata con gli occhi chiusi, non so se è stato un bene o un male, avevo una guida jolly che mi ha guidata per tutto il percorso, mentre gli altri sempre in gruppo, avevano un’altra guida.

Ad un certo punto la mia guida ha preso le mie mani e mi ha fatto toccare erbe aromatiche e con l’olfatto dovevo cercare di capire cos’erano. Quando siamo andati al mercato sempre al buio, con il tatto e l’olfatto ho dovuto capire che frutta era. Ecco, per me questo è stato il momento più emozionante perché io non posso muovere le mani quindi non ho mai toccato della verdura o della frutta con le mani ed è stata una scoperta positiva. Ho regalato questo percorso alla mia amica Francy perché ho pensato che lei potesse cogliere ancora di più il significato della vita; d’altronde lei è un’amica speciale per me e sapevo che poteva cogliere i valori di questa esperienza. Lo consiglio a tutti, grandi e piccini.

Il costo del biglietto varia, dipende se ci sono minori disabili o adulti all’atto della prenotazione. Mi raccomando, fate presente se ci sono persone disabili.

La vita anche per chi non vede non è vuota né triste. Ma semplicemente diversa per alcuni aspetti.

Troverete tutte le info su questo sito.

Grazie Amica mia, per aver vissuto insieme a me questa esperienza. Ti voglio bene!

  • Parlo Della Normalità Nella Diversità.
  • Vi Racconto Le Mie Avventure Con Tiffany.
  • Vi Racconto Le Mie Passioni Come La Fotografia e La Grafica.

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